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L'ULTIMO RE NORMANNO?

Ultimo Aggiornamento: 15/01/2009 16:47
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RE ENZO
Enzo o, derivando meglio dal nome latino Enzio, nacque nel 1220 dalla relazione di Federico II con una nobildonna di origine germanica, Adelaide, che alcune fonti affermano sia stata la figlia del duca di Spoleto Corrado di Urslingen Conte di Assisi, nominato da Enrico VI Duca di Spoleto, uomo di assoluta fiducia della Casa sveva: lo stesso che aveva fornito ospitalità a Costanza d'Altavilla al momento del parto. Detto "il Falconetto" per la sua grazia e per il suo valore, Enzo è stato un uomo decisamente interessante sotto vari aspetti: come il padre amò la cultura e lo sport, fu appassionato della caccia con il falcone, un buon poeta, amante del gentil sesso, un condottiero coraggioso ancorché sfortunato. Enzo è l’ultimo esponente della casata Hohenstaufen-de Hauteville (svevo-normanna). Egli visse qualche anno in più di Manfredi e Corradino di Svevia, autori di due tentativi falliti di riconquistare il trono imperiale nel 1266 e 1268.

Nel 1241 partecipò alla battaglia navale dell’Isola del Giglio: un assalto piratesco contro i prelati inglesi e francesi che, partiti da Genova, si recavano a Roma per partecipare al Concilio Ecumenico convocato da Gregorio IX. Fu una ecatombe di monsignori fra morti, feriti e prigionieri rinchiusi nelle carceri del Regno di Sicilia; un gesto che costerà caro alla diplomazia ed all’immagine dell’Impero.
Successivamente, combatté a lungo contro i Comuni lombardi. Nel giugno del 1247, mentre era con i Cremonesi all’assedio del castello di Quinzano presso Verolanuova, nelle vicinanze di Brescia, ebbe notizia della defezione di Parma a vantaggio dei Guelfi, e fu il primo ad accorrere in aiuto degli Imperiali presso la città ribelle.
Il 18 febbraio 1248, giorno della sconfitta, uscì indenne dalla distruzione della cittadella imperiale di Victoria, fatta erigere da Federico alle porte di Parma, perché era in missione militare sulle rive del Po.

Nel 1249 il suo esercito fu sconfitto dai Bolognesi nella battaglia di Fossalta; catturato, fu condotto in catene a Bologna. Federico ne chiese con insistenza la restituzione - era stato e restava uno dei suoi figli più fedeli ed affidabili - ma i bolognesi risposero chiaramente che non lo avrebbero mai liberato.

Re Enzo, il personaggio più amato dai Bolognesi, era un loro nemico: uno straniero che voleva conquistare il libero comune di Bologna, uno dei figli dell’imperatore Federico II, che il padre mise alla guida di un esercito forte, venuto dal regno di Sicilia a combattere le città guelfe. Perché quello straniero, quel nemico del comune di Bologna, quel audacissimo figlio dell’imperatore Federico II di Svevia è divenuto così caro ai Bolognesi, è considerato da molti secoli un cittadino illustre? Perché la sua storia ha valicato i confini della città e sulla sua tomba in San Domenico ancora ora i turisti posano qualche fiore? La spiegazione potrebbe essere nella lunga vicenda, ove storia e mito si intrecciano, di Enzo: la sua infanzia e formazione, il suo precoce matrimonio politico in Sardegna con Adelasia di Torres, le sue imprese militari alla guida dell'esercito imperiale, fino alla cattura da parte dei Bolognesi.

Ad essa seguirono 23 anni di prigionia nel Palazzo del Comune che poi da lui prese il nome di Palazzo Re Enzo, nel cuore della città. Una prigionia fertile: tra letture, componimenti poetici, studio dell'arte, della falconeria, incontri con nobili bolognesi, amori... Fra le numerose leggende popolari nate intorno alla figura di re Enzo, una narra che capostipite della casata Bentivoglio (Signori di Bologna, con alterne vicende, dal 1401 al 1504) fosse Bentivoglio, figlio naturale di Enzo e di una contadina, Lucia di Viadagola. Al bambino venne dato il nome dalle parole che Enzo soleva ripetere a Lucia "amor mio, ben ti voglio"

E quando morì, nel 1272, al nemico, che negli anni era divenuto amico, concittadino, che aveva trasferito a chi era venuto in contatto con lui la cultura normanno-sveva assimilata alla corte paterna, il comune di Bologna -allora tra le più grandi città europee grazie all università più antica e prestigiosa- tributò gli onori che si devono ai RE.
Da allora, finita la storia, ha preso corpo il mito.

La sua cattura e la sua lunga prigionia hanno ispirato gli artisti, i poeti, i musicisti, i pittori: da Fazio degli Uberti a Giovanni Pascoli, da Giosuè Carducci, a Grazia Deledda, a Roberto Roversi, da Richard Wagner a Ottorino Respighi, a Lucio Dalla, dagli anonimi miniatori dei codici del '200 e '300 a Mauro Gandolfi, Anastasio Scarabelli, Alfredo Baruffi, Adolfo de Carolis, Luigi Serra, da Wolfango ad Antonio Faeti.

E, di pari, passo, della leggenda di Enzo si appropriava la cultura popolare attraverso il ricordo della sua cattura celebrato nel palio del 24 agosto, San Bartolomeo, diventato, per non mortificare quel regale prigioniero divenuto concittadino, palio della festa della porchetta, organizzato con continuità dalle autorità comunali bolognesi tra il 1249 e il 1796.

Re Enzo potrebbe essere considerato, alla luce della sua stirpe, cultura e formazione l'ultimo Re Normanno in Italia.
[Modificato da SIR HEINZ 15/01/2009 14:07]
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